Considerato che i New Orleans Pelicans avrebbero dovuto
sparire dalla corsa ai playoffs nel momento stesso in cui hanno perso per
infortunio DeMarcus Cousins – i cui numeri restano sensazionali -, la stagione
di Anthony Davis – The Brow – è stata naturalmente stupefacente. Non è una
sorpresa: Davis è il capostipite della generazione dei centri che possono
difendere sul perimetro oltre che al ferro, attaccare dal palleggio oltre che
dentro l’area ed essere decentemente pericolosi da fuori. Vengono in mente Karl-Anthony
Towns e Joel Embiid. Tutti questi giocatori sono sempre considerati ibridi nel
senso che la tendenza è quella di accoppiarli a centri veri, teoricamente
deputati a svolgere un po’ di lavoro sporco e fisico, ma il rendimento
generalmente è migliore quando possono fare a meno di tale compagnia.
Davis
quest’anno ha giocato 50-50, metà del tempo da ala e metà da ala grande. Visto
che Cousins tirava da tre con facilità e che lui ha il 74.3% nelle conclusioni
al ferro o in prossimità del ferro, lo spazio per aggredire l’area non è mai
mancato. In ogni caso, pur ritenendolo probabilmente il terzo miglior giocatore
di questa stagione, è virtualmente impossibile non considerarlo largamente il
centro del primo quintetto All-NBA della stagione.
L’evoluzione di Davis è sensazionale: quando giocava a
Kentucky, un solo anno anche se travolgente, era considerato soprattutto un
devastante difensore. La sua crescita somiglia tantissimo a quella che ebbe Patrick
Ewing: a Georgetown era ritenuto un difensore d’elite ma un attaccante da
sgrezzare, ma nella NBA si è imposto prima sul versante offensivo che su quello
difensivo. Per Davis è stato lo stesso.
Al momento è un attaccante incredibile, che ha raggiunto un’apprezzabile
pericolosità anche da tre punti quindi è virtualmente immarcabile se non da un
giocatore simile a lui come statura, atletismo e rapidità. E ha solo 24 anni.
Al di là dei numeri (28.1 punti, oltre 11 rimbalzi, primo stoppatore della
Lega), Davis ha un “rating” offensivo di 119 punti per 100 possessi: i Pels
hanno 109. In difesa ha un “rating” di 104. I Pelicans come squadra sono vicini
ai 109 punti concessi per 100 possessi. Fa la differenza su ambedue i lati del
campo. Stephen Jackson l’ha definito un Tim Duncan più atletico e ovviamente
senza i San Antonio Spurs accanto. Volendo trovargli un difetto, chiaramente è
un finalizzatore che coinvolge poco i compagni. Per dire: Cousins, che ha più
del doppio dei suoi assist, “assiste” il 23% dei canestri dei compagni, lui è
sotto l’11%.
Il più grande ostacolo alla sua candidatura ad MVP in realtà
sono le vittorie di squadra ma chi tra i top ha perso il miglior compagno di
squadra? Chi ha un supporting cast così modesto a dispetto dell’addizione di
Nikola Mirotic e la presenza di un point-man “old school” quale Rajon Rondo
nella posizione di JRue Holiday? Davis è un MVP in costruzione ma la domanda a
cui tutta la NBA attende una risposta è fino a quando sarà appagato dalla
milizia in una squadra impantanata in una zona della classifica che non può
produrre nulla. La mossa che farà Cousins in estate potrebbe chiarire molte
cose.
(7-continua)
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