mercoledì 4 aprile 2018

MVP Review: Anthony Davis è il prototipo del centro moderno


Considerato che i New Orleans Pelicans avrebbero dovuto sparire dalla corsa ai playoffs nel momento stesso in cui hanno perso per infortunio DeMarcus Cousins – i cui numeri restano sensazionali -, la stagione di Anthony Davis – The Brow – è stata naturalmente stupefacente. Non è una sorpresa: Davis è il capostipite della generazione dei centri che possono difendere sul perimetro oltre che al ferro, attaccare dal palleggio oltre che dentro l’area ed essere decentemente pericolosi da fuori. Vengono in mente Karl-Anthony Towns e Joel Embiid. Tutti questi giocatori sono sempre considerati ibridi nel senso che la tendenza è quella di accoppiarli a centri veri, teoricamente deputati a svolgere un po’ di lavoro sporco e fisico, ma il rendimento generalmente è migliore quando possono fare a meno di tale compagnia.
Davis quest’anno ha giocato 50-50, metà del tempo da ala e metà da ala grande. Visto che Cousins tirava da tre con facilità e che lui ha il 74.3% nelle conclusioni al ferro o in prossimità del ferro, lo spazio per aggredire l’area non è mai mancato. In ogni caso, pur ritenendolo probabilmente il terzo miglior giocatore di questa stagione, è virtualmente impossibile non considerarlo largamente il centro del primo quintetto All-NBA della stagione.
L’evoluzione di Davis è sensazionale: quando giocava a Kentucky, un solo anno anche se travolgente, era considerato soprattutto un devastante difensore. La sua crescita somiglia tantissimo a quella che ebbe Patrick Ewing: a Georgetown era ritenuto un difensore d’elite ma un attaccante da sgrezzare, ma nella NBA si è imposto prima sul versante offensivo che su quello difensivo. Per Davis è stato lo stesso. 


Al momento è un attaccante incredibile, che ha raggiunto un’apprezzabile pericolosità anche da tre punti quindi è virtualmente immarcabile se non da un giocatore simile a lui come statura, atletismo e rapidità. E ha solo 24 anni. Al di là dei numeri (28.1 punti, oltre 11 rimbalzi, primo stoppatore della Lega), Davis ha un “rating” offensivo di 119 punti per 100 possessi: i Pels hanno 109. In difesa ha un “rating” di 104. I Pelicans come squadra sono vicini ai 109 punti concessi per 100 possessi. Fa la differenza su ambedue i lati del campo. Stephen Jackson l’ha definito un Tim Duncan più atletico e ovviamente senza i San Antonio Spurs accanto. Volendo trovargli un difetto, chiaramente è un finalizzatore che coinvolge poco i compagni. Per dire: Cousins, che ha più del doppio dei suoi assist, “assiste” il 23% dei canestri dei compagni, lui è sotto l’11%. 


Il più grande ostacolo alla sua candidatura ad MVP in realtà sono le vittorie di squadra ma chi tra i top ha perso il miglior compagno di squadra? Chi ha un supporting cast così modesto a dispetto dell’addizione di Nikola Mirotic e la presenza di un point-man “old school” quale Rajon Rondo nella posizione di JRue Holiday? Davis è un MVP in costruzione ma la domanda a cui tutta la NBA attende una risposta è fino a quando sarà appagato dalla milizia in una squadra impantanata in una zona della classifica che non può produrre nulla. La mossa che farà Cousins in estate potrebbe chiarire molte cose.
(7-continua)

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