lunedì 13 febbraio 2017

Golden Times: l'impossibile trattativa per Andre Iguodala



I Golden State Warriors avevano eliminato i Denver Nuggets 4-2 nei playoffs del 2013. Andre Iguodala aveva toccato con mano la consistenza della squadra. L’1 luglio, primo giorno disponibile per contattare i free-agent, Rob Pelinka – l’amico di Kobe Bryant diventato potentissimo agente – chiamò Bob Myers. Erano amici, avevano lavorato assieme. Iguodala voleva giocare nei Warriors. 

Fu una notizia a suo modo choccante: fino a quel momento, la reputazione di Golden State non era mai stata abbastanza significativa da stimolare i free-agent. Vivere sulla Baia? Ok. Ma i Warriors erano considerati un’organizzazione di basso livello, da evitare a tutti i costi. Solo che le cose stavano cambiando velocemente.
Myers era scettico non su Iguodala ma sulla possibilità che si potesse trovare un accordo. Andre era giocatore da 12-13 milioni almeno all’anno e il salary cap dei Warriors non consentiva voli di fantasia. Però accettò l’invito di Pelinka e volò giù verso Los Angeles per parlare con lui e Iguodala. “Prima che potessimo dirgli qualunque cosa, disse che ammirava la nostra squadra, come giocavamo, il potenziale e che avrebbe voluto giocare con noi. Non mi era mai capitato nulla di simile. Tutto quel che mi ero preparato per convincerlo era diventato inutile. Lo considero un momento chiave della nostra esistenza, quello in cui la percezione che volevamo trasmettere diventò realtà”, racconta Myers.

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