lunedì 10 ottobre 2016

The Stephen Curry Revolution


Stephen Curry è il miglior tiratore della storia? Le cifre assecondano questa teoria, ma è anche un giocatore rivoluzionario fine a sé stesso, forse persino fuorviante oppure è un giocatore che ha indicato una strada? Una volta si diceva che il tiro da fuori ti fa vincere le partite ma difficilmente un titolo. Il tiro da fuori è aleatorio, episodico, per sua stessa definizione discontinuo, inaffidabile, imprevedibile.

Le statistiche hanno dimostrato che tirare da tre conviene entro certi limiti. E’ una banale questione matematica: sei canestri da due valgono 12 punti, da tre bastano quattro canestri per ottenere lo stesso risultato. Probabilmente è più facile fare 4/10 da tre costantemente che 6/10 da due. Il difetto del tiro da tre è che ti manda poco in lunetta e i tiri liberi, per un giocatore di qualità apprezzabili, rappresentano il modo più facile per accumulare punti. Gli “analitici” hanno confezionato due statistiche di tiro che risultano più indicative della normale analisi delle percentuali di tiro. La “True Shooting Percentage” che tiene conto dei tiri liberi tirati per misurare l’efficacia di un giocatore – o una squadra – quando va al tiro, e la “Effective Field Goal Percentage” che invece misura la precisione al tiro pesando l’efficacia del tiro da tre.
Si va quindi verso un basket perimetrale in cui l’obiettivo delle difese è sempre più quello di difendere forte sul perimetro coprendo il ferro (da qui la definizione di “Rim Protector” per una categoria di giocatori) lasciando semmai i tiri dalla media, o quelli comunque all’interno dell’arco e al di fuori del semicerchio.
Ma Steph Curry ha portato l’arte di tirare ad un livello sconosciuto in precedenza. Ha trasformato il gesto aleatorio di un tiro da lunga distanza in un’esecuzione costante nella precisione. E’ diventato un tiratore olimpico, di quelli che spaccano 99 piattelli su 100 e lo fanno sempre. Come ci sia riuscito può avere molteplici spiegazioni: genetica (Dell Curry è legittimamente considerabile tra i primi 25-30 tiratori della storia), tecnica (è stato corretto dallo stesso Dell), etica (ha lavorato tantissimo e ha variato il resto del repertorio). L’aspetto del lavoro è stato fondamentale: Larry Brown, che vinse da allenatore il titolo del 2004 con i Detroit Pistons, sosteneva che i giocatori NBA, tutti, migliorino il tiro nel corso degli anni perché durante la stagione c’è talmente poco tempo per allenamenti veri, di squadra, che lavorare sul tiro spesso è l’unica cosa che riescono a fare con costanza. Curry ha memorizzato nei gesti il tiro e la sua velocità di esecuzione. I progressi hanno aumentato la sua fiducia, la convinzione e l’hanno portato a lavorare infine anche sulla gittata, che è senza precedenti.
Possibile che la vicinanza con un altro dei primi cinque tiratori della storia, Klay Thompson, sia stata una stimolo ulteriore. Ovviamente anche per il compagno. Analizzando la meccanica di tiro di Thompson – che è anche un eccellente difensore, anzi fu questo il principale motivo per cui venne scelto – si nota che la gamba destra, collegata alla mano che tira, contrariamente a quanto recitino i testi sacri, non è né in linea retta con il braccio, né spostata in avanti. E’ dietro la linea del corpo. Questo riduce all’essenziale il suo movimento. Non ha bisogno di caricare perché tira con la destra e carica con la gamba sinistra. Ha perfezionato questo gesto riducendo i tempi dell’esecuzione in modo drammatico. Il tiro di Curry è più lineare. Lo rende stupefacente la velocità del braccio. Thompson ha anche il vantaggio di essere due metri. Probabilmente ha assorbito da Curry la tendenza ad allungare sempre di più il proprio range. Il tiro in gara 6 della serie con Oklahoma City, davanti a Westbrook, almeno due metri distante dall’arco, è stato una delle cose più belle della stagione 2015/16. Proprio come il tiro con cui Curry pareggiò in regular season sempre a Oklahoma City tirando da 10 metri minimo con naturalezza.
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