Earl Monroe veniva da Philadelphia, figlio di un
cantante e lui stesso con il pallino della musica al punto che la sua
professione, nel dopo basket, è stata quella di discografico. Il baseball era
stato il suo primo amore e fino a 14 anni di età non ha praticamente mai preso
in mano un pallone da basket. Ma era già alto 1.85 e quando alla John Bartram
High School di Philadelphia se ne resero conto lo portarono di forza in campo.
A Bartram High, Monroe giocò tutti i ruoli, guardia, ala ma soprattutto centro.
Crebbe ancora un po’ ma solo fino a 191 centimetri e gradualmente spostò il suo
gioco sempre più distante dal canestro.
Finita la scuola superiore ebbe un’offerta per giocare
nella piccola ABL ma la lega fallì prima che lui potesse prendere una
decisione. Siccome era considerato un centro, nessun college importante si fece
mai vivo dalle sue parti. Per un anno non giocò a basket se non nella Baker
League, la versione locale - molto più organizzata e tecnica per la verità –
del Rucker di quei tempi. Poi si convinse ad andare nel sud del paese e di
accettare l’offerta di Clarence Gaines detto “Big House”, allenatore
afroamericano di Winston-Salem, college di seconda divisione frequentato solo
da neri. Monroe portò il suo gioco da playground al college e gli inizi furono
disastrosi. Piano piano si adattò, diventò una vera guardia, con movimenti
inediti e nell’ultimo anno di Monroe al college, Winston-Salem chiuse con 32 vittorie,
una sola sconfitta e il titolo nazionale di seconda divisione. Quell’anno,
Monroe segnò 41.5 punti per gara. Il suo nome non era più un segreto.
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