venerdì 9 giugno 2017

LeBron e Durant: due mosse uguali eppure diverse

Così Kevin Durant è diventato il miglior giocatore del mondo superando in una settimana quello che sette giorni fa veniva considerato un degno sfidante di Michael Jordan come migliore di tutti i tempi. Giudizi e opinioni nella NBA cambiano davvero troppo in fretta. Era eccessivo ritenere LeBron James superiore a Jordan. Pat Riley - che con lui ha vinto due titoli a Miami da executive - l'altro giorno ha definito Magic Johnson il più grande di sempre. Sono opinioni. Appassionano perché possono durare all'infinito. Non c'è modo di arrivare ad un risultato definitivo. Ma LeBron è sicuramente uno dei più grandi della storia. Quanto al confronto con Kevin Durant oggi è ingiusto. La probabile conquista del trofeo di MVP della finale rende giustizia alla sua scelta di trasferirsi ai Warriors. La convalida. Ma se invertissimo i ruoli, LeBron starebbe vincendo il titolo con Golden State e Durant sarebbe sotto 3-0 con Cleveland. La narrativa di questa Finale sarebbe molto differente. Se Durant non fosse qui a giocare la Finale accanto a Curry, Thompson e Green oggi nessuno parlerebbe di lui - e la sua Finale resta fantastica - in questi termini come nessuno oggi parla di Westbrook, Harden e Leonard come facevamo fino a 15-30 giorni fa.
Oggi ancora più di quanto lo fosse un anno fa la mossa di Durant appare chiara: aveva la possibilità di competere per il titolo con la sua squadra originale, possibilmente vincerlo e cementare il suo ruolo nella storia; oppure poteva unirsi alla squadra più forte del mondo, vincere subito un titolo imperdibile e costruire una dinastia che potrebbe andare avanti per anni. Ha scelto la seconda strada. Ci sta. Come ha detto LeBron  bisogna rispettare che per giocare nei Warriors abbia sacrificato molto del suo ego e dei suoi numeri. In fondo è stato ripagato.
Ma se vogliamo la scelta di Durant è figlia di quella compiuta nel 2010 da LeBron. È stato lui a cambiare le regole del gioco e ribaltare nella free-agency i rapporti di forza spostando il potere dalla parte dei giocatori. Fino a quel momento le grandi star restavano nelle loro squadre e il massimo che potevano fare per influenzare la loro storia era rinunciare a un po' di soldi per aiutare i propri club a firmare giocatori utili a conseguire un risultato. Patrick Ewing fosse andato a Chicago avrebbe vinto tantissimo e aiutato i Bulls a... ok i Bulls hanno vinto comunque. Ma vale anche per Karl Malone e John Stockton, David Robinson, Reggie Miller e Hakeem Olajuwon. I più estremisti chiedevano di essere ceduti quando la loro squadra non era più in grado di sostenerne le ambizioni. Clyde Drexler ottenne lo scambio da Portland a Houston. Charles Barkley da Philadelphia a Phoenix. Forse proprio Barkley quando andò a Houston da Phoenix per unirsi a Olajuwon e Scottie Pippen fece qualcosa stile odierno. Ma erano tutti a fine carriera.
LeBron ha cambiato le regole perché ha lasciato una squadra competitiva a Cleveland per costuirne una fortissima a Miami con Dwyane Wade e Chris Bosh. Una mossa senza precedenti. Tre stelle decisero quale squadra avrebbe dovuto dominare la Lega negli anni successivi.

Inciso: Miami ha giocato quattro finali consecutive ma il bottino di due titoli resta inferiore alle aspettative. LeBron per me è di gran lunga il miglior giocatore di questa generazione, superiore a Kobe Bryant nel complesso. Ma ha perso due finali da favorito. Michael Jordan ne ha giocate sei. In tutte la sua squadra era ritenuta la migliore ma le ha vinte tutte e sei.

Tuttavia ha ragione LeBron quando fa notare che andando a Miami si era impegnato a costruire una squadra da zero. E cosi quando ha lasciato gli Heat, certamente ancora competitivi per vincere, è tornato ai Cavs con l'impegno di ricostruirli una volta di più. In ambedue le situazioni le premesse erano ottime. A Miami avrebbe giocato con un altro dei primi cinque giocatori della Lega, Wade, e un Top 10 come Bosh. A Cleveland aveva Kyrie Irving, ancora oggi sottovalutato pur avendo dimostrato di poter segnare 38-40 punti in una gara di Finale.
Kevin Durant ha lasciato una squadra da titolo a OKC per unirsi ad una che era già fortissima, la più forte. Rendendola imbattibile. I meriti dei Warriors sono evidenti: i loro tre assi li hanno presi dal draft e questo ha consentito loro di pagarli inizialmente sotto il loro valore e poi di usare i diritti conseguenti per trattenerli. Di nuovo: questo ha creato la premessa per poter prendere Durant senza smembrare il nucleo della squadra.
La scelta di Durant è stata quella di unirsi agli avversari. Per questo ha sconvolto molto più di quanto successe con LeBron nel 2010. Durant l'ha preso ad esempio ma è vero che le situazioni non sono identiche. "Lo sarebbero state se fossi andato a Boston unendomi alla squadra che ci aveva eliminato due volte", ha detto LeBron. Lo trovo convincente in questa spiegazione.
Ma oggi possiamo dire che se i Warriors dovessero vincere davvero altri due o tre titoli la mossa di Durant perderà molto della sua carica opportunistica e diventerà sempre di più saggia. E aprirà le porte ad altre mosse simili.

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