giovedì 27 aprile 2017

Golden Times: così i Warriors hanno convinto Kevin Durant



...Cinque squadre, inclusi i Thunder, hanno ricevuto udienza da Durant in una villa affittata per l’occasione negli Hamptons, vicino Manhattan, sull’Oceano, un posto amato dai newyorkesi ricchi. La decisione l’ha presa la mattina del 4 luglio, Independence Day, con una telefonata a Bob Myers. Nella ricostruzione postuma di quanto accaduto, si pensa che i Warriors siano stati efficaci non tanto nel meeting (al quale si sono presentati anche quattro giocatori, Stephen Curry, Klay Thompson, Draymond Green e Andre Iguodala che aveva legato con Durant nel corso delle Olimpiadi di Londra nel 2012) quanto nei giorni successivi quando hanno continuato a chiamarlo mostrando un interesse genuino.

Si dice anche che due chiamate siano state fondamentali, quella di Steve Nash che conosce Durant da anni e quella di Jerry West, sempre lui, il vecchio guru, Mister Logo. West ha perso otto finali da giocatore e ha raccontato a Durant quanto quelle sconfitte gli abbiano tormentato l’esistenza. Succede anche adesso. Il messaggio era implicito: non preoccuparti di quel che diranno, pensa solo a vincere perché alla fine è quello che conta. Durant temeva diverse cose, temeva di essere considerato un traditore, temeva di essere etichettato come un opportunista che abbandonava la propria squadra per unirsi all’unica che l’aveva battuta, temeva di non essere gradito alle stelle dei Warriors. Se Curry e Thompson hanno cancellato quest’ultimo sospetto, West ha acceso una lampadina. Le stelle come Durant dovrebbero combattere il nemico, non unirsi ad esso, ma in un sistema in cui i giocatori vengono apprezzati quando giocano per vincere, non per sé stessi, le statistiche, i soldi, Durant ha deciso di andare laddove le possibilità di vittoria sono più alte. Non vuole sentirsi frustrato come successe a West. E’ pronto a vivere con le conseguenze di una delle scelte più clamorose, sorprendenti, sconvolgenti che si siano mai viste. 

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