lunedì 9 aprile 2018

MVP Review: l'interminabile LeBron e i quintetti All-NBA

LeBron James aveva cominciato questa stagione con l'atteggiamento di un uomo in missione. Sembrava volesse appropriarsi per acclamazione del titolo di MVP, un modo inequivocabile per mettere a tacere ogni argomento di discussione su chi sia il miglior giocatore del mondo o su un suo presunto declino. Le difficoltà di Cleveland, con la conseguente rivoluzione del roster, hanno determinato una sorta di passaggio a vuoto, anche mentale, attorno a metà stagione in cui James Harden nella percezione pubblica ha allungato decisamente, lasciandoselo alle spalle. Così probabilmente LeBron non sarà l'MVP della stagione. Non si aggiudica il trofeo dal 2014. Guardando all'età verrebbe da dire che è normale: superati i 33 anni, sarebbe legittimo si risparmiasse durante la regular season per dare il meglio nei playoffs. Non dimentichiamo che LeBron gioca la Finale ininterrottamente dal 2011 (sono sette di fila praticamente due anni di carriera supplementari).

Ma non è così: ad eccezione dei tiri liberi, vero anche se scostante tallone d'Achille (è sotto il 73%, comunque meglio dell'anno passato), in tutte le statistiche LeBron è oltre le medie carriera. Segna di più, tira meglio, cattura più rimbalzi, distribuisce più assist. Anche come tiratore da tre è oltre. Sta finendo l'anno vicino ai nove rimbalzi e oltre i nove assist per gara, quindi è dalle parti di Russell Westbrook come cifre globali. Non segnava 27.7 punti di media dal 2011. E per la terza volta, la seconda consecutiva, guiderà la Lega in minuti di impiego per gara. A conferma che si tratta di un vero "Ironman" che sta riscrivendo tutte le regole di durata e longevità ai massimi livello di rendimento.
Infatti anche se la stagione di James Harden e le vittorie dei Rockets - Cleveland ha avuto una regular season nel complesso inferiore alle aspettative o alle ambizioni - gli impediranno di essere l'MVP, LeBron è legittimamente stato il numero due della stagione ed è certamente destinato a finire nel primo quintetto All-NBA. Per essere chiari, è dal 2007/08 compreso che viene incluso nel primo quintetto stagionale. Non fa neppure notizia o sensazione, soprattutto in una stagione in cui per la prima volta da molti anni la sua squadra non è la favorita per il titolo della Eastern Conference, non è detto arrivi in finale e soprattutto la sua decisione riguardo il proprio futuro tiene banco da mesi, senza che sia emersa un'indicazione concreta se non quelle suggestive di un trasferimento sulla costa ovest per rifare grandi i Lakers (ma in quanto tempo?), un'unione delle forze con Chris Paul e James Harden a Houston (ma somiglierebbe troppo a quello che ha fatto due anni fa Kevin Durant) o addirittura a Philadelphia con l'erede Ben Simmons e Joel Embiid ma con mille altri dubbi sull'opportunità di farlo davvero dei quali si parlerà per giorni dopo i playoffs.
In definitiva, chiusa la carrellata dei potenziali MVP con James Harden legittimo vincitore, questi sono i miei tre quintetti All-NBA, cercando di rimanere il più agganciato possibile ai ruoli pur sapendo che al momento la NBA è più ricca di guardie che di ali e che i centri non sono mai centri veri.

Primo quintetto
Guardie: James Harden, Russell Westbrook
Ali: Kevin Durant, LeBron James
Centro: Anthony Davis
Secondo quintetto
Guardie: Damian Lillard, Stephen Curry
Ali: Giannis Antetokounmpo, LaMarcus Aldridge
Centro: Joel Embiid
Terzo quintetto
Guardie: Kyrie Irving, DeMar DeRozan
Ali: Jimmy Butler, Karl-Anthony Towns
Centro: Nikola Jokic

(8-fine)

Nessun commento: