lunedì 15 gennaio 2018

Il ritiro della maglia numero 34 di Paul Pierce



Paul Pierce a terra dolorante. Era gara 1 della Finale NBA del 2008. Scese il gelo sull’arena. Quante possibilità avrebbero avuto i Celtics di vincere la serie contro i Lakers se Paul Pierce fosse finito out nel cuore della prima partita? Ora i Celtics ritireranno la sua maglia numero 34. Meritatamente. Quei Celtics avevano Kevin Garnett e Ray Allen, anche Rajon Rondo. Ma i primi due erano arrivati in estate, nella prima grande vendemmiata di mercato di Danny Ainge. Ma Pierce era già lì, sempre a metà strada tra la cessione ad un club di alto livello che gli permettesse di giocare per il titolo e il suo ruolo di bandiera dei Celtics, in attesa che arrivassero i rinforzi. Nell’estate del 2007 arrivarono.
Pierce non era infortunato quella sera. Ma andò in spogliatoio e le telecamere lo ripresero su una sedia a rotelle. Non si è mai capito davvero perché usasse una sedia a rotelle e non è matematico che i Celtics abbiano mandato le immagini sul cubo dell'arena per caricare la folla nell'imminenza del rientro anche se farebbe parte della loro cultura machiavellica imposta coltivata decenni prima da Red Auerbach. Pierce rientrò in un'arena impazzita. I Celtics ricevettero un surplus di energia. Lui giocò una partita superba e Boston vinse quella gara 1. Plus/minus tra infortunio e rientro: +12 Boston. Phil Jackson allora coach dei Lakers parlò di messinscena. Ma il titolo i Celtics lo vinsero in gara 4 rimontando 24 punti di scarto per andare sul 3-1 a Los Angeles, non lo vinsero in gara 1.
Pierce è di Los Angeles e non di un posto qualunque. È di Inglewood e quando era un bambino poi un liceale e infine un prospetto dall'università del Kansas, i Lakers giocavano a Inglewood, a casa sua. Nel Forum, accanto all'ippodromo. Con le sue colonne di marmo esterne che lo rendevano bellissimo e imponente da lontano. Lo è anche adesso.
Pierce venne scelto nel 1998 al numero 10. Raccontò di allenarsi scandendo i nomi dei nove giocatori scelti prima di lui. Solo uno di essi lo meritava: Dirk Nowitzki. Forse anche Vince Carter che ha toccato picchi di rendimento più elevati ed è durato addirittura più a lungo, però non ha mai vinto né giocato finali. 
Venne anche accoltellato, Pierce, salvato miracolosamente dai fratelli Battie, uno giocava con lui a Boston e l’altro è stato anche in Italia. Un episodio misterioso in parte. Era il settembre del 2000 e Double P era un giovane giocatore NBA che prometteva bene ma non avrebbe dovuto essere coinvolto in un episodio che solo per una coincidenza non gli costò la vita. Ricevette 11 coltellate, al volo, al collo, alla schiena. Fu operato d’urgenza e salvato.
Ha giocato 19 stagioni nella NBA, le prime 15 a Boston, 10 volte è stato un All-Star. Detiene 17 record di franchigia: alcuni hanno un valore relativo (il tiro da tre venne introdotto “dopo” l’epopea dei grandi Celtics), altri sono importanti. Solo John Havlicek ha segnato più punti di lui con la maglia verde. Solo Larry Bird ha avuto una media punti più alta. E’ il ventesimo giocatore a ricevere l’onore (ma vanno inclusi anche il fondatore Walter Brown e il leggendario Red Auerbach): tra questi c’è anche Reggie Lewis che giocò un solo All-Star Game ma morì per un difetto al cuore nel 1993 in allenamento. Il suo numero 35 è stato ritirato più come omaggio alla tragicità dell’evento – Lewis, intendiamoci, era un grandissimo realizzatore – che al reale impatto che Lewis abbia avuto sulla storia dei Celtics. Nell’elenco ci sono Celtic che valgono molto meno di Pierce (Don Nelson ad esempio) ma tutti – a parte Lewis - hanno vinto di più. Lui però ha chiuso 22 anni di astinenza e poi portato la squadra alla finale del 2010 quando i Celtics oltre a portare i Lakers a gara 7 "crearono" il Superteam di Miami semplicemente eliminando Cleveland e quindi LeBron James spingendolo verso la famosa “Decision”.
Nella storia dei Celtics ci sono quattro grandi ere: la prima è quella che ha fabbricato la “Mystique” del club, il gruppo imbattibile capeggiato da Bill Russell ma con altri grandi campioni, soprattutto Bob Cousy, il primo playmaker moderno nella storia del gioco; la seconda è quella degli anni ’70 “rimbalzata” in modo rapidissimo dal ritiro di Russell e trascinata da John Havlicek; la terza è quella di Larry Bird ed è durata per tutti gli anni ’80; la quarta, la meno vincente e la più veloce a consumare il proprio ciclo, è rappresentata dal breve periodo dei “Big Three”. Pierce può non essere stato il migliore di quei tre, nemmeno nel periodo bostoniano (in assoluto ovviamente Garnett è su un altro piano), ma lui è l’unico che appartenga realmente ai Celtics. La storia di Garnett è la storia dei Minnesota Timberwolves; Ray Allen ha vinto a Boston e Miami ma costruito la sua reputazione a Seattle e Milwaukee, è stato forse il prototipo del “Ring Chaser” a fine carriera. Pierce avrebbe dovuto spendere a Boston tutta la sua storia professionale, ma non aspettiamoci che Danny Ainge sia mai mosso da compassione. Le sue scelte sono quelle di un freddo calcolatore come ha scoperto Isaiah Thomas (che verrà omaggiato con un video tributo la sera stessa della cerimonia di Pierce, coincidenza che Double P non ha gradito e non si è preoccupato di tenerlo per sé...). Per questo Boston sta preparando la propria quinta grande era. Lo scambio di Pierce e Garnett (e Jason Terry) a Brooklyn è considerato da molti il peggior scambio della storia della Lega dal punto di vista dei Nets. E quindi il migliore dal punto di vista dei Celtics (che ricevettero tre prime scelte e il diritto di scambiarne una quarta).
In realtà di scambi sbilanciati ne esistono molti e tempestano la storia di tante franchigie. Basti pensare che i Jazz scambiarono una prima scelta che sarebbe diventato Magic Johnson per lo scorer Gail Goodrich a fine carriera o che i Warriors cedettero Robert Parish e Kevin McHale ai Celtics per Joe Barry Carroll e Rickey Brown. Chicago ottenne Scottie Pippen da Seattle per Olden Polynice e successivamente Dennis Rodman da San Antonio per Will Perdue. Più recentemente va ricordata la cessione di James Harden a Houston per un gruppo di giocatori di cui l’unico significativo per i Thunder è stato Steven Adams. Ma di certo l’impatto che Pierce (e Garnett) ha ancora oggi sui Celtics in virtù di quello scambio è senza precedenti.

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