mercoledì 13 dicembre 2017

The Lake Show, i più grandi: Cooper, Green e Byron Scott



16 Michael Cooper
(5 titoli, 8.9 ppg, 4.2 apg, 3.2 rpg, 8 All-Defensive)

Il numero di titoli è impressionante. Cooper c’è sempre stato: c’era a Philadelphia quando Magic Johnson si presentò al Mondo e c’era quando i Lakers vinsero due titoli consecutivi nel 1987 e 1988. Il suo ruolo è sempre stato da comprimario, un sesto o settimo uomo atletico, una versione antesignana dei cosiddetti “3 and D” attuali. Piedi per terra segnava. Poi i Lakers correvano e lui era uno che correva e saltava. Non è mai stato una stella ma è stato incluso otto volte nei quintetti All-Defensive della Lega. Difficile anche lui da collocare: in un’altra squadra avrebbe probabilmente avuto una carriera insignificante, di sicuro non così vincente, ma vale per tutti coloro che sono saliti a bordo di una grande dinastia. Nello Showtime, Cooper ha avuto un ruolo importante.

15 AC Green
(3 titoli, 1 All-Star Game, 10.6 ppg, 1.1 apg, 7.7 rpg)

Nella prima versione dello Showtime (1980-1985), i Lakers avevano una sorta di “buco” nella posizione di ala forte. Pat Riley coniò lo slogan “No Rebounds, No Rings” perché il tasso di fisicità della squadra non era all’altezza di quello dei Celtics dei Big Three Bird-McHale-Parish (più inizialmente Cedric Maxwell; nel 1985/86 anche Bill Walton). L’ala forte dei Lakers era Spencer Haywood nel 1980 ma Haywood buttò via la parte più importante della sua carriera e venne tagliato prima del titolo ma nel frattempo aveva già perso il posto di titolare in favore di un giocatore buono ma non trascendentale come Jim Chones. Per migliorare la posizione venne preso Bob McAdoo, nella parte conclusiva della carriera, ma venne impiegato da sesto-settimo uomo e aveva caratteristiche da star che si conciliavano male con un quintetto base ricco di talento e realizzatori. Kurt Rambis fu un’invenzione, uno spaccalegna durissimo che giocava con gli occhiali ed era pronto a fare la guerra contro tutti. Ma il problema venne risolto veramente solo quando arrivò AC Green, che difendeva forte, prendeva i rimbalzi e tirava dalla media, era atletico. Green era uno starter inamovibile della squadra che vinse nel 1987 e 1988, giocò la Finale anche nel 1989 e nel 1991. Poi ritornò a fine carriera e vinse un altro titolo da veterano nel 2000. Green è passato alla storia perché nell’epoca in cui i Lakers erano la squadra più “cool” del mondo, lui predicava la castità e il sesso solo dopo il matrimonio. ESPN ha fatto un documentario sull’atipicità del suo stile di vita dell’epoca.



14 Byron Scott
(3 titoli, 15.1 ppg, 2.8 apg, 3.0 rpg)

Byron Scott è nato a Inglewood, esattamente nel sobborgo di Los Angeles che negli anni ’80 e ’90 ospitava i Lakers, al celebre Faboulos Forum. Quindi era davvero un ragazzo di casa, che aveva frequentato il liceo a Inglewood e fu ottenuto dai Lakers cedendo ai Clippers il “fan favourite” Norm Nixon. Scott, che era andato ad Arizona State, era una guardia pura, un tiratore dalla media fantastico che probabilmente in un’epoca diversa sarebbe stato più importante stendendo il suo raggio di tiro oltre l’arco (2.0 tiri da tre di media in carriera con il 37.7%). L’impresa di Scott fu irrompere in quintetto praticamente fin da rookie. Nel 1987/88, il suo ultimo titolo, segnò 21.7 punti di media (19.6 nei playoffs). Come realizzatore aveva un ruolo vitale, come ricevitore degli scarichi di Magic o dell’attenzione che generavano Kareem (più nel 1985 che nei titoli del 1987 e 1988) e Worthy. (2-continua)







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