Quando Manigault ottenne protezione dai gangster di
Harlem per il suo campo da basket e fondò la Goat League in breve tempo le
partite diventarono oggetto di scommesse tra bande di spacciatori che
allestivano le loro squadre e “giocavano” a fare i proprietari. Erano un altro
modo per provare a guadagnare dei soldi o far scorrere adrenalina nelle vene.
Le leggende dei playground di quegli anni sono state in parte il prodotto di
questa triste evoluzione. Il più famoso di tutti ironicamente si chiama James
Williams ma il soprannome è Speedy.
Guardia, veloce, uno contro uno pazzesco,
Speedy è cresciuto a Brooklyn. Giocava all’Evers College dove viaggiava a 24
punti di media. Lasciò stupidamente il college quando se ne andò il coach di
fiducia, Nick Murphy, con il risultato di passare troppo presto alla CBA (una
lega molto più che dignitosa, un po’ la D-league dell’epoca ma successivamente
fallita), a Scranton in Pennsylvania dove comunque segnava 19 punti per gara.
Di solito giocare bene nella CBA era il modo migliore per dirigersi verso la
NBA ma per Speedy non fu così. Questione di fortuna o semplicemente di
inadattabilità al gioco di squadra, di atteggiamento. Raccontano di un training
camp vissuto con i Knicks in cui venne cacciato dopo aver “abusato” uno contro
uno di Derek Harper, uno dei migliori difensori della Lega. Verità? Fantasia?
Diciamo che comunque il gioco di squadra non era il suo forte, l’uno contro uno
sì. Tutti sapevano anche che in estate era solito salire in macchina, risalire
fino al Bronx e giocare nelle squadre gestite da spacciatori. Lo pagavano bene
perché era in grado di garantire la vittoria e poi arrotondava i guadagni
scommettendo e vincendo sfide esilaranti di uno contro uno. Secondo “Pick Up
Artists”, uno dei migliori volumi sul basket di strada, fu anche coinvolto in
una partita in cui ballavano 20.000 dollari. Vinceva chi avrebbe segnato per
primo 100 punti. Fu lui a segnare il canestro decisivo. Poi se la diede a gambe
perché l’atmosfera si era – diciamo – surriscaldata.
Speedy non ha mai smesso di giocare, anche alla soglia
dei 50 anni: è transitato per i Magicians, poi gli Harlem Rockets, un’altra
squadra di giro in cui può esibire il suo ball handling. In precedenza nel
2007, oltre i 40 anni, ha vinto il torneo di uno contro uno “Last Man Standing”
con atto conclusivo al Madison Square Garden. Si è ripresentato per un tre
contro tre e ha vinto anche quello da MVP. Il basket è un’altra cosa, le
leggende no.
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