mercoledì 31 agosto 2016

Perché i Nets fanno sembrare Danny Ainge simile a Auerbach




I Brooklyn Nets rappresentano il caso più evidente di squadra NBA che ad un certo punto della propria storia ha “venduto” il proprio futuro nel tentativo di vincere subito. L’ha fatto per diversi motivi: le ambizioni personali di Mikhail Prokhorov, il magnate russo che aveva bisogno di essere subito credibile come proprietario di un club NBA, ma soprattutto lo sbarco a Brooklyn quindi la necessità di presentare un prodotto che convincesse la popolazione locale a restare a casa per vedere la NBA senza dirigersi a Manhattan per tifare o contestare i Knicks.
La mossa non ha avuto successo anche se ha fatto parlare tantissimo, di Prokhorov e dei Nets quando hanno acquistato Deron Williams da Utah, firmato Kevin Garnett, Joe Johnson, Paul Pierce. Hanno pagato una fortuna in luxury tax, hanno fatto rumore, hanno vinto molto meno di quanto sperassero e appunto hanno venduto il futuro. Oggi i Nets hanno una squadra che è in minima parte composta da veterani affidabili, che assicurano un minimo di competitività come Brook Lopez, Luis Scola, Jeremy Lin, anche Greivis Vasquez, e poi hanno un manipolo di giovani non necessariamente fortissimi come Rondae Hollis-Jefferson o Caris LeVert di cui si dicono cose spettacolari ma nella misura in cui le condizioni fisiche lo sorreggono.

Alcindor-Jabbar, il più grande mai prodotto da New York


"Stai giocando come un negro". Jack Donohue, coach della Power Memorial Academy a Manhattan, non era un razzista o quantomeno non ci sono motivi per pensare che lo fosse. Ma la sua squadra, che sarebbe stata votata anni dopo come la migliore di sempre a livello liceale, aveva pochi ragazzi di colore. Il migliore di tutti si chiamava Lewis Alcindor e veniva dai projects di Dyckman Street, nella sezione di Manhattan nota come Inwood, vicino ad Harlem. Era un predestinato. Altissimo e coordinato. Un atleta. Alla St.Jude, la sua scuola elementare, era stato immarcabile e quando arrivò a Power Memorial, adesso tristemente chiusa, era già una piccola celebrità. Donohue usò quella frase per motivarlo dopo un primo tempo opaco. Ma aveva superato il limite. Nella testa del giovane Alcindor negli anni '60 quella era una frase che non poteva essere tollerata.