mercoledì 3 agosto 2016

Quando vidi la nascita del Dream Team a Portland




Nel 1992 ero inviato a Portland per il debutto del Dream Team. Gli USA non erano i campioni in carica e non erano neppure i campioni del Mondo. Quindi la più celebrata squadra della storia dovette qualificarsi per le Olimpiadi di Barcellona attraverso il Preolimpico della zona americana, appunto a Portland. Era la prima volta che i giocatori della NBA erano ammessi alle Olimpiadi. Fu una svolta epocale. I grandi giocatori NBA smisero di essere solo personaggi televisivi riservati ai super appassionati. Diventarono star planetarie. Il brand NBA esplose in tutto il mondo. E gli stessi giocatori europei da quel momento cominciarono a guardare alla NBA come ad un obiettivo non un mondo isolato. Le stesse squadre NBA iniziarono il percorso che ci ha portato ai 100 stranieri presenti nella NBA, molti da protagonisti e qualcuno da star conclamata come Pau Gasol o Dirk Nowitzki. Come Manu Ginobili. Fino ad allora l'interesse per gli europei era stato sporadico e macchiato di perplessità. Nel 1992 aveva già sfondato Vlade Divac, stava sfondando Drazen Petrovic, si era affermato Sarunas Marciulionis e Toni Kukoc era oggetto di feroce corteggiamento. Più da parte del general manager dei Bulls, Jerry Krause, che dei Bulls intesi come club. Quella è la data in cui tutto cominciò a cambiare. Dodici anni dopo gli USA arrivarono solo terzi alle Olimpiadi di Atene. Chiamarono Jerry Colangelo e Mike Krzyzewski a rimettere in piedi la squadra americana. Nel 2006 Coach K sbagliò ancora tantissimo, fece troppo poco scouting e troppa poca zona. Gli USA persero la semifinale con la Grecia. Dalla finale per il terzo posto cominciò la striscia di vittorie attuale. Dal 2004 probabilmente non c’è stata un’Olimpiade in cui siano arrivati così nettamente favoriti per l’oro. La sensazione è che il gap si stia nuovamente ampliando perché la concorrenza è meno temibile di qualche anno fa e gli USA adesso si muovono con serietà e programmazione.